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Siamo giunti all’ultimo capitolo del nostro percorso di approfondimento sul Piano Economico-Finanziario. Qui tratteremo il processo da mettere in atto per sviluppare un piano. Sarebbe probabilmente privo di una reale utilità per voi raccontare l’intera procedura nei minimi dettagli (ma se siete interessati, chiamateci!): preferiamo quindi soffermarci su alcuni aspetti specifici, interpretandoli anche alla luce della nostra esperienza sul campo.
INDICE
I PROSPETTI
L’IMPORTANZA DELLA STIMA
LA STIMA DEI RICAVI: GLI APPROCCI
LA STIMA DEI COSTI
IL QUADRO ECONOMICO E LE FONTI DEL FINANZIAMENTO
INDICI
CONCLUSIONI
Abbiamo già visto nel nostro primo articolo che l’essenza del PEF è costituita dai tre prospetti che lo compongono: piano economico, stato patrimoniale e prospetto dei flussi di cassa. Notiamo subito il parallelismo con i documenti previsti dall’art. 2423 cc per la redazione del bilancio d’esercizio; in effetti i documenti vengono predisposti seguendo le stesse regole. L’unica eccezione può essere costituita dal prospetto dei flussi di cassa, che all’interno del PEF può essere presentato in una forma semplificata rispetto al rendiconto finanziario inserito in bilancio (per il quale comunque ricordiamo che il codice civile non impone particolari forme, al contrario degli altri prospetti).
Tra bilancio d’esercizio e PEF sussiste tuttavia una grande differenza: il primo è un documento redatto a consuntivo, sulla base di dati che possiamo definire certi, derivanti da quanto accaduto nell’esercizio.
Con le fatture non possiamo agire granché. Non possiamo far altro che registrarle in contabilità.
Diverso invece è il caso del PEF, che rappresenta un documento previsionale. Qui parliamo di anni futuri, di eventi ancora da avverarsi…il nocciolo della questione quindi diventa la stima. Come fare per stimare correttamente ricavi e costi che avremo da qui a qualche anno? Pensate ai contratti che durano più di 10, 15 anni, e capirete al volo l’importanza di una stima attendibile.
Per stimare i ricavi si possono usare due approcci diversi, che definiremo approccio bottom-up e approccio top-down. L’utilizzo dell’uno o dell’altro approccio dipende sia dal tipo di attività oggetto dello studio, sia dalle informazioni che è in grado di fornire l’operatore economico che si accinge a redigere il Piano.
Nel primo caso l’analisi è volta innanzitutto a definire i micro-numeri, ossia le componenti delle singole voci di ricavo, per poi giungere a calcolare il ricavo totale. Facciamo subito un esempio, per facilitare la comprensione. Per sviluppare le previsioni per un impianto natatorio, dobbiamo prima di tutto stimare l’utenza che utilizzerà quella struttura, possibilmente suddivisa in varie categorie (bambini, adulti, anziani) o attività (nuoto libero, corsi singoli, corsi di gruppo); successivamente, i risultati potranno essere moltiplicati per i prezzi d’ingresso previsti per le varie categorie di soggetti o attività, in modo da avere la stima dei ricavi totali. La stima dell’utenza può essere effettuata mediante un’accurata analisi di mercato, svolta sulla base dei dati Istat o altre banche dati nazionali: nel caso della piscina, si può partire dai dati nazionali riguardanti la pratica sportiva acquatica per restringere via via il bacino d’utenza, considerando anche eventuali altre offerte già presenti in zona. Per la suddivisione in categorie o attività è indispensabile l’esperienza dell’operatore economico, che solitamente conosce bene la propria clientela.
Al contrario del bottom-up, l’approccio top-down viene utilizzato nel caso in cui l’imprenditore sia già in possesso dei macro-numeri relativi all’attività in esame. Prima di decidere di partecipare ad una gara l’imprenditore spesso ha già operato una valutazione di convenienza, e per farlo ha necessariamente stimato quali possono essere gli introiti: per alcuni tipi di attività questa operazione può risultare anche abbastanza agevole.
Un ulteriore esempio ci aiuterà a chiarire: prendiamo il caso di un’attività di bar e ristorazione. Può accadere che l’imprenditore abbia già altri locali, e che conosca bene non solo il settore ma anche l’area di riferimento. Grazie all’esperienza sarà probabilmente in grado di stimare i ricavi annui totali, a prescindere dal costo del singolo coperto. In questo caso, il totale indicato dall’operatore economico costituisce il punto di partenza per i successivi approfondimenti.
Per i costi solitamente lo studio risulta più semplice, perché è un tema che l’imprenditore maneggia con estrema destrezza. Tuttavia, gli approcci rimangono i medesimi: in alcuni casi si giunge al totale dalla somma dei singoli elementi – ad esempio, valutando il numero di addetti necessari e moltiplicando per il costo azienda del lavoratore dipendente – in altri si parte dal totale, per poi scomporre l’analisi.
Se la gara prevede l’esecuzione di lavori, l’importo totale dell’investimento previsto nel PEF dovrà corrispondere a quanto indicato nel relativo quadro economico. Quest’ultimo va redatto secondo quanto disposto dall’art. 5 dell’Allegato I.7 al Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), distinguendo gli importi a base di gara, le c.d. somme a disposizione – tra cui citiamo le spese tecniche di progettazione, gli imprevisti – l’IVA e altri oneri fiscali.
L’investimento può essere sostenuto da diverse fonti di finanziamento, anch’esse elemento integrante del Piano, da indicare espressamente. Spesso si ha una commistione tra capitale di rischio e capitale di debito; in quest’ultimo caso è necessario stabilire la durata e i termini di rimborso del finanziamento, con relativi interessi, in modo da tenerlo in considerazione nelle adeguate voci di conto economico, stato patrimoniale e flussi di cassa.
Con il termine “indice” intendiamo un valore che misura il rapporto tra alcune grandezze economiche inserite nei prospetti costituenti il Piano Economico Finanziario; esso viene sviluppato per valutare il progetto e alcune sue caratteristiche.
Per chi volesse approfondire questo tema, vi consigliamo di leggere il nostro articolo sul “RIEQUILIBRIO DEL PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO NELLE CONCESSIONI PUBBLICHE”. Cliccando qui, sarà possibile trovare una panoramica degli indici più diffusi e più richiesti dalle stazioni appaltanti all’interno dei PEF.
Il Piano Economico-Finanziario rappresenta la traduzione in valori monetari di tutti i dati e le ipotesi inerenti alla realtà di un nuovo progetto. Dopo l’idea infatti, è necessario verificare che la stessa sia economicamente sostenibile.
Il PEF è necessario per stimare nel modo più corretto ed attendibile possibile, i ricavi e i costi che l’operatore avrà negli anni successivi.
Concludendo, un buon progetto è sostenibile quando presenta:
– un tasso di rendimento, superiore al tasso di indebitamento e al tasso di riferimento del settore per la tipologia di opera;
– una distribuzione delle uscite finanziarie coerente alle entrate derivanti dalla gestione operativa durante tutto l’arco della concessione;
– una corretta distribuzione dei rischi tra concedente e concessionario, secondo la normativa del D.Lgs. 36/2023 artt. 176 e ss.
Ci sono altri aspetti che vorresti approfondire sul tema PEF? O devi farne uno per valutare la sostenibilità di un’iniziativa imprenditoriale pubblica o privata?
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Pronext ti saprà aiutare.
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RIEQUILIBRIO DEL PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO NELLE CONCESSIONI PUBBLICHE
QUANDO BISOGNA PREPARARE UN PEF?
Photo credit: Arek Socha via Pixabay
ULTIMO AGGIORNAMENTO: 15 DICEMBRE 2023