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LA NUOVA DISCIPLINA BIM NEGLI APPALTI PUBBLICI

Approfondimento tecnico e normativo sul nuovo DM 312/2021.

In questo articolo affronteremo l’aggiornamento del Decreto BIM/2021: le novità, i campi applicativi, i chiarimenti metodologici e tutto ciò che riguarda la nuova disciplina BIM negli appalti pubblici.

INDICE

INQUADRAMENTO STORICO E NORMATIVO

IL MODELLO INFORMATIVO

NUOVE SOGLIE E DATE PER L’OBBLIGO DEL BIM

IL RIFERIMENTO ALLE NORME UNI EN ISO

LO STATO DI FATTO E LA DOCUMENTAZIONE CARTACEA

I PUNTEGGI PREMIALI

CONCLUSIONI

Inquadramento storico e normativo

Circa un anno e mezzo fa, dovevamo svolgere una relazione all’interno di un percorso formativo dedicato ai RUP e ci eravamo presi la briga di elencare le modifiche e le integrazioni al Codice dei Contratti Pubblici. Quel codice che nel 2016 veniva presentato come un atto liberatorio per l’Italia, nell’ottica della massima velocizzazione e, soprattutto, semplificazione.

In quel momento, contavamo 7 decreti vigenti (in tutto e in parte), circa 20 tra decreti e leggi a modifica e integrazione, 15 linee guida, 4 proposte di linee guida, 7 decreti ministeriali e 1 DPCM. Abbiamo aggiunto ulteriori norme note come sblocca cantieri, semplificazioni, norme speciali per la gestione del periodo pandemico e post-pandemico e, in ultimo, il PNRR.

Tra queste, nel 2017 è stato pubblicato il DM 560 (il c.d. Decreto BIM) inerente alla digitalizzazione dei flussi informativi nel processo edilizio e proprio nell’ambito della normativa legata all’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza si innestano le modifiche al DM 560.

Infatti, a maggio 2021 è stato pubblicato il DL 77/2021 riguardante la Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure. Nell’ambito delle norme per adeguare il codice dei contratti pubblici alle esigenze del PNRR, l’art. 48 prevedeva che

Le stazioni appaltanti che procedono agli affidamenti di cui al comma 1, possono prevedere, nel bando di gara o nella lettera di invito, l’assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici di cui all’articolo 23, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 50 del 2016. Tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti.

Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sono stabilite le regole e specifiche tecniche per l’utilizzo dei metodi e strumenti elettronici di cui al primo periodo, assicurandone il coordinamento con le previsioni di cui al decreto non regolamentare adottato ai sensi del comma 13 del citato articolo 23.

Quindi, il DL 77 chiedeva al MIMS di pubblicare un decreto che stabilisse regole per l’utilizzo di metodi e strumenti BIM ma coordinandole con quelle del citato Decreto BIM.

Questo è avvenuto con la pubblicazione del DM 312/2021 lo scorso 02 agosto che risponde alla richiesta del DL 77/2021, integrando e modificando il testo del precedente DM 560/2017 per dare origine alla nuova disciplina BIM negli appalti pubblici.

L’entrata in vigore del nuovo Decreto è stata immediata quindi le disposizioni si applicano agli affidamenti i cui bandi o avvisi sono stati pubblicati a partire dal 3 agosto 2021. Ma non solo: anche in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure i cui inviti a presentare le offerte o i preventivi sono successivi alla medesima data.

Fatto questo doveroso inquadramento e sorvolando sulle numerose questioni di gerarchia delle fonti del diritto, passiamo all’analisi delle novità introdotte nell’agosto 2021 dalla nuova disciplina BIM negli appalti pubblici.

Il modello informativo

La prima novità riguarda l’introduzione della definizione di modello informativo come insieme di contenitori di informazione strutturata, semistrutturata e non strutturata.

L’introduzione sopperisce ad una mancanza del decreto nel 2017 nel quale il concetto di modello informativo era citato, senza ulteriori spiegazioni, tra i contenuti del capitolato informativo. La definizione scelta dal Ministero deriva da quella contenuta nelle UNI EN ISO 19650-1:2019 (standard in materia di Gestione Informativa mediante BIM), che al suo art. 3.3.8 la definisce proprio come insieme di contenitori informativi strutturati e non strutturati, laddove il contenitore informativo (art. 3.3.12) è a sua volta definito come insieme coerente denominato di informazioni recuperabili all’interno di un file, di un sistema o di una struttura gerarchica.

Per completezza, l’informazione è definita ai nostri fini come rappresentazione reinterpretabile di dati in un modo formalizzato, idoneo per la comunicazione, l’interpretazione o l’elaborazione (art. 3.3.1).

CDE Common Data Environment

Si specifica che l’ambiente di condivisione dei dati (CDE – Common Data Environment) deve essere gestito attraverso specifici flussi di lavoro e che i modelli informativi ed elaborati digitali sono corredati da flussi di lavoro a supporto delle decisioni.

(Ehi, psss… abbiamo già affrontato questo specifico argomento pubblicando alcune riflessioni sul CDE e il CDE management. Se te lo sei perso, clicca qui).

Distinzione tra Offerta e Piano per la Gestione Informativa

Coerentemente con le norme UNI 11337 (e soprattutto con la pratica), il Decreto distingue correttamente l’Offerta per la Gestione Informativa dal Piano PGI, limitando la prima per l’appunto al momento dell’offerta mentre il secondo ha natura contrattuale e si riferisce alla fase esecutiva (nuovo art. 2, lett. g). La definizione del Piano per la Gestione Informativa è oggetto della nuova lettera g-bis (non h, chissà perché!). La definizione rimane coerente con il testo del 2017 ma precisa che il PGI può essere aggiornato in fase esecutiva.

L’organizzazione della Stazione Appaltante

L’atto organizzativo della lettera c) dell’art. 3 viene meglio definito rispetto alle poche parole spese nel 2017. Ora è chiarito che si tratta dell’atto che esplicita:

  • il processo di controllo e di gestione delle singole fasi procedimentali;
  • la identità dei gestori dei dati;
  • la proprietà degli stessi;
  • le modalità di gestione dei conflitti

in relazione alla natura delle opere e dei cespiti comprensivi degli aspetti tecnici e procedurali adottati.

Con riferimento al tema dell’interoperabilità il decreto 2021 specifica all’art. 4, comma 1, che le Stazioni Appaltanti – SA – devono utilizzare piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari (immutato), precisando meglio che i dati sono connessi in modelli informativi disciplinari e aggregati, riprendendo anche qui la pratica consolidata.

L’integrazione apportata all’art. 5 risolve invece un problema operativo che aveva costretto (di fatto) molte amministrazioni ad agire in parziale difformità al Decreto del 2017. Infatti, la norma dava la possibilità alle SA di chiedere l’utilizzo di metodi e strumenti BIM fuori dall’obbligo di cui all’art. 6, purché avessero adempiuto agli obblighi di cui all’art. 3 (in sintesi: piani formativi, adeguamenti tecnologici e modifiche organizzative).

Questo è avvenuto in poche Amministrazioni come certamente era poco il tempo a disposizione per mettere in atto processi tanto complessi o per consentire l’acquisizione di competenze che il mercato stesso ha impiegato anni ad assimilare. Così il Decreto di agosto 2021 interviene affermando che la SA può utilizzare facoltativamente metodi e strumenti BIM anche se ha solo programmato di adempiere agli obblighi di cui all’art. 3. Viene precisato in fondo che questo può avvenire indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere. Utile, ma che forse era già in parte chiaro a operatori e commentatori.

La volontà è di incentivare la PA all’utilizzo di nuovi metodi e strumenti per fare esperienza sul campo, prima dell’introduzione dell’obbligo di cui all’art. 6 alla totalità degli appalti che si sta avvicinando, seppure con lo slittamento che vedremo in seguito.

Nuove soglie e date per l’obbligo del BIM

Riguardo ai tempi dell’obbligatorietà dell’utilizzo di metodi e strumenti BIM, il decreto allenta un po’ le briglie. Superata la scadenza del 1° gennaio 2021 per i lavori complessi di importo uguale o maggiore a 15 milioni, si aggiungono le seguenti scadenze.

Per opere di nuova costruzione ed interventi su costruzioni esistenti, fatta eccezione per le opere di ordinaria e straordinaria manutenzione di importo a base di gara pari o superiore

  • a 15 milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2022;
  • alla soglia di cui all’articolo 35 del codice dei contratti pubblici a decorrere dal 1° gennaio 2023;
  • a 1 milione di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Il riferimento alle norme UNI EN ISO

Tra le novità introdotte dalla nuova disciplina BIM negli appalti pubblici troviamo significative modifiche all’art. 7 e l’introduzione del nuovo articolo 7-bis.

Con riferimento all’art.7, abbiamo utilizzato il termine significativo più dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Infatti, nell’articolo modificato (intitolato oggi Capitolato informativo e specifiche tecniche e non più solo “Capitolato”) viene fatto esplicito riferimento per la prima volta alle norme UNI EN ISO, un richiamo da molti invocato sebbene esse fossero già utilizzate in tal senso da molte SA attive sull’argomento. Troviamo il nuovo comma 5-bis che recita:

Al fine di assicurare uniformità di utilizzazione dei metodi e strumenti elettronici le specifiche tecniche contenute nella documentazione di gara, nel capitolato informativo e nella restante documentazione di gara, fanno riferimento alle norme tecniche di cui al Regolamento UE n. 1025/2012 secondo il seguente ordine:

europee di recepimento obbligatorio in tutti i Paesi dell’Unione Europea, pubblicate in Italia quali UNI EN oppure UNI EN ISO

internazionali ad azione volontaria pubblicate in Italia quali UNI ISO;

nazionali negli ambiti non coperti dalle UNI EN ed UNI ISO, pubblicate in Italia quali UNI.

Mentre per il 5-ter in assenza di norme tecniche di cui al comma 5-bis, lettere a), b) e c), si fa riferimento ad altre specifiche tecniche nazionali od internazionali di comprovata validità.

Lo stato di fatto e la documentazione cartacea

Sempre in ottica di agevolazione del passaggio per le Stazioni Appaltanti, all’art 7, co.1, lett b) viene eliminato l’obbligo di inserire il modello informativo relativo allo stato iniziale dei luoghi e delle eventuali opere preesistenti nel capitolato informativo. Questa oggi è una mera facoltà e non un obbligo.

Nello stesso senso va la modifica al comma 4 per cui la documentazione potrà essere fornita anche (non solo) in formato digitale e in caso di discordanze prevarrà la documentazione cartacea. Questo accadrà in via transitoria fino a quando non scatterà l’obbligo di cui all’art. 6.

I punteggi premiali

Già all’art. 2 si introduce la definizione di punteggio premiale specificando che si tratta del punteggio eventualmente attribuito dalle Stazioni Appaltanti per l’utilizzo di metodi e strumenti elettronici per la modellazione per l’edilizia e le infrastrutture.

Il disposto è ripreso e approfondito nel nuovo art. 7-bis. Ancora una volta è importante lo stimolo che il Governo ha dato per stimolare la Pubblica Amministrazione e gli operatori privati ad adeguarsi a metodi e strumenti BIM, sempre nel perimetro disegnato dal Codice del 2016.

Ciò premesso, si tratta comunque di uno dei passaggi che hanno creato maggiore dibattito, tra i commentatori. Parrebbe infatti che proprio nel contesto del PNRR, con le ingenti somme messe a disposizione per l’adeguamento tecnologico, la digitalizzazione e l’informatizzazione dei processi della pubblica amministrazione, l’utilizzo di metodi e strumenti BIM, mediante l’attribuzione di punteggi premiali, sia una mera “eventualità”. Si giungerebbe all’assurdo per cui un’opera da 50 milioni di euro veda l’obbligo del BIM solo se estranea ai progetti PNRR.

Corre in soccorso l’elencazione esemplificativa delle richieste che potrebbero portare all’attribuzione dei punteggi premiali. Con uno sguardo un po’ più allargato, farebbero pensare all’incentivazione di una spinta alla digitalizzazione e informatizzazione ulteriore rispetto alla disciplina – chiamiamola – base del DM 560. Tra gli altri, leggiamo la tracciabilità dei materiali e delle forniture magari con utilizzo di sistemi di blockchain come pure l’utilizzo di sistemi per il monitoraggio del ciclo di vita dei materiali, organizzazione del cantiere spinta alla gestione o controllo dell’avanzamento da remoto o con tecniche di realtà aumentata…

Conclusioni

Cosa ci porta la nuova disciplina BIM negli appalti pubblici con l’aggiornamento del Decreto BIM / 2017 operato con il Decreto del 2021?

Senza dubbio una maggiore aderenza alla realtà delle Amministrazioni chiamate ad applicarlo, alcuni chiarimenti terminologici e metodologici che prima segnavano un certo distacco tra norma e pratica nonché un generale allineamento alle pratiche internazionali, divenute ormai imprescindibili nel contesto attuale.


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Photo credit: Ugur Tandogan via Pexels

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