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Nell’impostazione e organizzazione operativa di un appalto privato, il committente si trova nelle condizioni di affidare ad un soggetto esterno alla propria azienda la realizzazione di un’opera o lo svolgimento di un servizio. Ciò comporta l’attivazione di alcuni profili di responsabilità reciproche che è necessario definire in caso di eventuali inadempienze o altri problemi che potrebbero insorgere.
L’art. 1655 del Codice Civile definisce l’appalto di lavori o servizi come
il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Ciò significa che l’appaltatore si assume il rischio economico dell’affare, senza vincolo di subordinazione rispetto al committente.
Una delle problematiche che caratterizzano in generale l’appalto è quella del regime di responsabilità solidale che caratterizza i vari soggetti coinvolti nella catena: committente, appaltatore ed eventuale subappaltatore. Questa responsabilità solidale del contratto di appalto prevede, in sostanza, che se il datore di lavoro (appaltatore o subappaltatore) non paga, dovrà farlo chi – di fatto – si avvantaggia della prestazione dei lavoratori impiegati nell’appalto (committente e/o sub committente).
Parlando di responsabilità solidale negli appalti occorre fare riferimento a differenti discipline a seconda dell’ambito di pertinenza, gli estremi normativi sono:
Tale articolo prevede che i dipendenti dell’appaltatore possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino a concorrenza del debito del committente verso l’appaltatore.
Tale disciplina trova alcune limitazioni:
La responsabilità solidale del committente nell’ambito retributivo, previdenziale ed assicurativo è stata introdotta dalla legge 1369/1960. Tale legge ha introdotto il diritto alla parità di trattamento economico e normativo per i dipendenti dell’appaltatore rispetto ai lavoratori dell’imprenditore appaltante/committente, oltre alla responsabilità solidale del committente per tali trattamenti e per la contribuzione previdenziale ed assistenziale.
Con il D. Lgs. n. 276/2003, che ha abrogato l’intera legge n. 1369/1960, è venuta meno la tutela della parità di trattamento economico e normativa tra dipendenti dell’appaltatore e lavoratori dell’appaltante, mentre è restata immutata la responsabilità solidale del committente per i trattamenti retributivi e contributivi dei lavoratori dell’appaltatore.
La norma in questione è stata oggetto di puntuale attenzione da parte del legislatore: lo dimostra il fatto che la disposizione ha subito ben otto interventi modificativi in 13 anni: da ultimo tale norma è stata modificata dal D.Lgs. n. 25/2017.
Con specifico riguardo al regime di responsabilità solidale nell’ambito retributivo, previdenziale ed assicurativo la disciplina di riferimento è oggi rappresentata dall’art. 29, comma 2, che prevede:
in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Il lavoratore (o l’Ente previdenziale) può ora agire anche solo nei confronti del committente, con grave pregiudizio per quest’ultimo, il quale poco o nulla potrà allegare per contrastare la fondatezza del credito vantato dal lavoratore stesso (o dall’Ente previdenziale), essendo soggetto estraneo al rapporto di lavoro su cui il credito si fonda potendo aggredire il patrimonio del committente senza dover prima provare a soddisfarsi su quello del proprio datore di lavoro.
Restano, invece, escluse dal vincolo solidaristico le somme dovute ad altro titolo (es. sanzioni amministrative, sanzioni civili, risarcimento del danno da licenziamento illegittimo) di cui risponde, pertanto, il solo datore di lavoro responsabile dell’inadempimento
Le novità introdotte dal D.Lgs. 17 marzo 2017, n. 25 – nel silenzio del legislatore – non dovrebbero avere portata retroattiva, incidendo, pertanto, solo per le posizioni creditorie dei lavoratori maturate a far data dal 17 marzo 2017, giorno di entrata in vigore del Decreto Legge in questione.
Bisogna inoltre fare una precisazione: tale obbligo è escluso nel caso in cui il committente sia persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale (art. 29, comma 3-ter) e nel caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione.
Sotto il profilo della durata temporale della co-obbligazione, con la nota n. 9943 del 19 novembre 2019 la Direzione centrale vigilanza dell’INL Ispettorato Nazionale del Lavoro (https://www.ispettorato.gov.it/), traendo spunto da alcune recenti sentenze della Suprema Corte in tema di responsabilità solidale, ha evidenziato che il regime decadenziale di due anni previsto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 trovi applicazione esclusivamente all’azione esperita dal lavoratore (creditore di somme di natura retributiva) e non anche all’eventuale azione promossa dagli enti previdenziali (creditori delle somme dovute a titolo contributivo), soggetti invece alla sola prescrizione quinquennale.
La disciplina relativa al risarcimento dei danni subiti dal dipendente dell’appaltatore o del subappaltatore a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale è invece contenuta nel D.Lgs. 81 del 2008. L’art. 26 prevede che
ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL, www.inail.it, includendo anche l’inglobato Istituto di previdenza per il settore marittimo IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Si tratta del c.d. danno differenziale al quale ha diritto (secondo l’orientamento maggioritario di dottrina e giurisprudenza) il lavoratore in caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale e che si determina detraendo dal complessivo danno patrimoniale e non patrimoniale quantificato secondo i criteri “civilistici” ciò che viene complessivamente erogato dall’ente assicuratore.
La modifica al regime di responsabilità solidale negli appalti introdotta dal D.L. n. 25/2017 (convertito in legge n. 49/2017) rafforza la tutela sostanziale offerta ai lavoratori coinvolti negli appalti i quali possono rivolgersi, per il recupero dei propri crediti da lavoro, direttamente al committente, soggetto che solitamente presenta profili di solidità economica maggiori rispetto all’appaltatore. Ciò ovviamente comporta una situazione di de-responsabilizzazione del debitore principale e una maggior penalizzazione per le imprese.
Viene, invece, sottratto alle parti sociali qualsiasi ruolo regolativo della materia, ruolo al quale, in verità, le organizzazioni sindacali avevano già abdicato, lasciando sostanzialmente inattuata la previsione introdotta dalla legge Fornero che attribuiva loro la possibilità di modificare il regime di responsabilità solidale negli appalti.
Al fine di tutelarsi il più possibile nella gestione degli appalti, il committente deve prestare la massima attenzione nella scelta dei fornitori, facendo leva su criteri di selezione stringenti, garanzia di serietà ed efficienza dell’appaltatore. Inoltre, affrontare l’appalto con una struttura ben organizzata ed arricchita di diverse professionalità (tecniche, legali e gestionali) ridurrebbe i rischi ai quali i committenti potrebbero andare incontro.
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