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Nel processo di ideazione e sviluppo di un nuovo progetto – attribuendo a progetto il senso più ampio che questo termine possa avere – uno tra gli aspetti che richiedono maggior impegno è rappresentato dall’analisi della sua sostenibilità economica-finanziaria. Scopriamo insieme cos’è il PEF e perché bisogna farlo.
Che si tratti di un nuovo filone di business, una start-up o una nuova linea produttiva è fondamentale stimare le risorse necessarie all’operazione e la capacità del progetto sia di reintegrare quelle stesse risorse sia di produrre nuovo valore.
Calandoci a fondo del nostro contesto di consulenza, e di tutte quelle imprese che partecipano a procedure di gara per l’affidamento di appalti pubblici, questa analisi in alcuni casi confluisce e si traduce nel cosiddetto PEF (Piano Economico-Finanziario).
Abbiamo scelto di affrontare questo tema, argomentando e dando una risposta alle domande più frequenti.
In questo primo articolo, scopriremo insieme cos’è il PEF e perché bisogna farlo.
INDICE
COS’È IL PEF?
PERCHÈ FARE UN PEF?
CONCLUSIONI
Il termine PEF è un acronimo da leggere come Piano Economico-Finanziario. Si tratta di un documento che racconta la vita del progetto e ne mostra la sua sostenibilità dal punto di vista economico-finanziario.
In prima battuta contiene la previsione di ricavi, costi e utili derivanti dall’operazione: a questi primi dati se ne accompagnano molti altri, sempre di natura economico-finanziaria, atti a dimostrare la redditività del progetto. Il cuore di questo documento è costituito da tre prospetti: conto economico, stato patrimoniale e prospetto dei flussi di cassa. La normativa non impone la redazione di tutti e tre i documenti ma, per prassi diffusa, vengono richiesti dalle stazioni appaltanti nella quasi totalità dei casi.
Le regole che guidano lo sviluppo dei tre prospetti sono le medesime che si utilizzano per la redazione dei documenti che compongono il bilancio d’esercizio; può succedere tuttavia che alcuni dati appaiano in versione semplificata rispetto a quanto accade in bilancio, per rendere il prospetto più comprensibile e di immediata lettura (soprattutto per quanto riguarda i flussi di cassa):
Queste tabelle numeriche vengono accompagnate da una relazione descrittiva che ne ritrae le caratteristiche principali, gli assunti alla base, i risultati e le considerazioni che si possono trarre dai dati.
Ulteriore aspetto caratterizzante il PEF è costituito dalla durata: i prospetti sopra indicati rappresentano un arco temporale ben definito che corrisponde alla vita del progetto. Di solito la durata rappresenta un dato già predeterminato e comunicato nel bando di gara; tuttavia, è nella facoltà dei concorrenti proporre una durata differente, e tale proposta può costituire un elemento di premialità.
Il PEF si qualifica come strumento di valutazione economica e finanziaria, al fine di verificare la convenienza del progetto. Sotto l’aspetto economico esamina la capacità di produrre utili a prescindere dalla struttura finanziaria. Sotto l’aspetto finanziario analizza la capacità di generare flussi di cassa sufficienti a remunerare le fonti di finanziamento e a garantire un’adeguata remunerazione del capitale investito.
L’analisi della sostenibilità economico-finanziaria è fondamentale per:
Per questo motivo il documento, nel dimostrare la sussistenza dell’equilibrio economico-finanziario, deve mettere in evidenza che i flussi di cassa generati consentono di far fronte a tutti gli esborsi monetari connessi alla gestione del servizio e alla realizzazione degli interventi richiesti.
Per capire come fare un Piano Economico-Finanziario, non possiamo esimerci dallo scavare in profondità e capire cos’è il PEF e perché bisogna farlo.
Il Codice dei Contratti Pubblici ne richiede la redazione per i contratti di concessione e di partenariato pubblico privato. Si tratta di contratti che si caratterizzano per il fatto di prevedere un corrispettivo sui generis: non si pattuisce un prezzo per il lavoro/servizio, ma l’operatore economico assume il diritto di gestire le opere oggetto del contratto, di disporne e di sfruttarle economicamente per un determinato lasso di tempo. Ciò comporta che l’operatore si assuma “il rischio operativo legato alla gestione delle opere” (art. 177 del Codice): la misura dei guadagni dipenderà dalla capacità dell’operatore di gestire in modo efficace ed efficiente l’opera.
Fin qui nulla di nuovo, direte voi, parliamo di rischio imprenditoriale. Ricordiamoci però che non siamo nel mondo privato ma nel pubblico, dove la Pubblica Amministrazione è portatrice di uno specifico interesse. Essa ha il ruolo e il dovere di perseguire il bene collettivo, assicurandosi che le risorse vengano gestite in maniera efficace, apportando vantaggio alla comunità. Inoltre, nel caso di opere calde, l’ente pubblico ha il compito di fare in modo che le condizioni per la fruizione dell’opera stessa da parte della collettività siano eque, contemperando attività imprenditoriale del privato e rilevanza pubblica del bene.
La conseguenza si sostanzia nella condizione di “equilibrio economico-finanziario” che in un contratto di concessione o di partenariato deve essere sempre presente. Il Codice ne dà una precisa definizione: equilibrio economico-finanziario significa “la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. L’equilibrio economico-finanziario sussiste quando i ricavi attesi del progetto sono in grado di coprire i costi operativi e i costi di investimento, di remunerare e rimborsare il capitale di debito e di remunerare il capitale di rischio. (art. 177, comma 5).
Di questa condizione dobbiamo necessariamente tenere conto: il Piano Economico-Finanziario deve rappresentare, sotto forma di numero, il contemperamento di diversi interessi. Da un lato l’interesse della Pubblica Amministrazione, dall’altro naturalmente l’interesse del proponente, che cercherà un ritorno economico che remuneri in modo soddisfacente il capitale di rischio. Non dimentichiamoci di un ulteriore soggetto, l’eventuale finanziatore, che necessita di conoscere i rischi connessi e di capire le possibilità di rimborso del debito.
Per raggiungere l’equilibrio, la stazione appaltante può prevedere l’erogazione di un contributo pubblico a favore dell’operatore economico, che di solito si sostanzia in un finanziamento una tantum per l’esecuzione dei lavori o in un canone periodico. Per rimanere nell’ambito della concessione, tale forma di finanziamento non deve avere come effetto quello di eliminare i rischi suddetti in capo all’operatore economico, ad esempio sollevandolo da potenziali perdite o dandogli garanzia di avere ricavi superiori ai costi di gestione (art. 177 comma 61). Può accadere anche il contrario, ossia che sia il privato a dover corrispondere all’Amministrazione un canone periodico per lo sfruttamento economico dell’opera.
Il Codice impone che l’equilibrio permanga per tutta la durata del contratto: per permettere che ciò avvenga, l’art. 192 prevede che il Piano Economico-Finanziario possa essere soggetto a revisione, nel caso in cui si verifichino fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano stesso. In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano, si dà possibilità alle parti di recedere dal contratto.
Alle domande cos’è un PEF e perché bisogna farlo possiamo rispondere che il PEF è quel documento funzionale che si redige ogni volta sia necessario verificare l’equilibrio economico – finanziario di un nuovo progetto (qualunque esso sia) e/o la presenza delle condizioni di “convenienza economica e sostenibilità finanziaria”. L’obiettivo è verificare che l’operatore sia in grado di assumersi e sostenere il rischio operativo legato alla gestione del progetto stesso.
Se ti è piaciuto questo primo articolo, non perdere il prossimo!
Nella seconda parte, approfondiremo il tema temporale, ossia quando è necessario redigere un PEF?
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Photo credit: Gaurav Singh via Pexels
ULTIMO AGGIORNAMENTO: 15 DICEMBRE 2023