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#lavoriamoci
Pare in dirittura d’arrivo il nuovo regolamento attuativo del codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016.
Certo, lo avevamo già annunciato a ottobre e poi ancora a febbraio, ma, con la diffusione dell’ultima bozza il 13 maggio scorso, sembreremmo giunti alla chiusura dei lavori. Lavori che, com’è ormai consuetudine, hanno visto anche un processo di coinvolgimento degli stakeholder.
Ad una prima lettura, non cogliamo sostanziali novità rispetto al codice e alle tante (troppe?), norme attuative seguite negli anni, tra Linee Guida e decretazione ministeriale. Tuttavia, sempre scrivendone in termini generali, sono criticabili due aspetti relativamente alla digitalizzazione degli appalti pubblici.
Innanzitutto, la troppo timida abrogazione del complesso delle norme oggi applicabili. Le norme abrogate sono poche e il regolamento si aggiunge di fatto a quanto già emesso, senza sostituirlo del tutto. Se si voleva creare un unico luogo in cui gli operatori potessero trovare la regolamentazione delle proprie attività, l’obiettivo non è stato raggiunto.
In secondo luogo, c’è un elemento – a nostro dire, strategico – che pare non essere stato colto dai primi commenti.
Il Codice è del 2016, salvo le innumerevoli modifiche intercorse da quel momento ad oggi. La maggior parte delle linee guida e dei decreti è stata pubblicata tra il 2016 e il 2018, ciò significa che il legislatore ha avuto l’occasione di monitorare per 2 – 4 anni l’applicazione concreta di quanto aveva previsto.
Il Regolamento poteva essere l’occasione per dare una rinfrescata alle norme attuative e correggere le tante imperfezioni, ambiguità, gli errori. Nemmeno questo è avvenuto, limitandosi a riportare i contenuti già pubblicati, fatto salvo alcuni aspetti che affronteremo anche in seguito.
Tra i tanti contenuti che si potrebbero affrontare, ci occupiamo di uno di quelli che ci stanno maggiormente a cuore, la digitalizzazione del processo edilizio, intesa come gestione digitale dell’informazione tecnica.
Nell’ottica della semplificazione, il regolamento si limita a un richiamo, nei principi generali, al DM 560/2017. Di quest’ultimo vengono riproposti anche le note tempistiche di introduzione obbligatoria (art. 82, c. 1). Quindi, nulla di nuovo dal punto di vista formale.
Ma erano molti i temi che sia il Codice sia il DM 560 avevano posto e che quindi, oggi, rimangono.
L’espressione usata dal legislatore, alla quale siamo ormai abituati, è quella di “metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”, che dalla pubblicazione del codice il mercato ha tendenzialmente fatto coincidere, piaccia o no, con i concetti propri della metodologia BIM (Building Information Modeling).
Tale espressione, e i contenuti che la specificano, si ritrova al TITOLO IV – PROGETTAZIONE DEI LAVORI agli artt. 78, 79 e 82 (quest’ultimo un sostanziale copia-incolla del contenuto del DM 560), dove viene posta in relazione alle attività di progettazione, costruzione, gestione delle opere e relative.
La prima osservazione che possiamo fare in tema di digitalizzazione degli appalti pubblici, è che pur prevedendo il ricorso a tali metodi e strumenti con riferimento all’intero processo edilizio, nei titoli successivi – in particolare al TITOLO VI – ESECUZIONE DEI LAVORI – gli unici riferimenti simili che si ritrovano sono correlati ai controlli di contabilità. Nello specifico, si parla di “strumenti elettronici specifici, che usano piattaforme, anche telematiche, interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari” per la contabilità dei lavori (art. 159), rivolgendo questo onere alla Direzione dei Lavori, sia essa interna o esterna alla Stazione Appaltante, e alla figura del Direttore dell’Esecuzione del Contratto (art. 229).
Oltre a constatare che i metodi scompaiono dall’espressione utilizzata dal legislatore, la scelta fatta rischia di contribuire a veicolare il messaggio che il tema della modellazione informativa sia un fatto proprio solo dell’attività di progettazione, quando invece urge sottolineare come solo una sua adozione diffusa a tutto il processo possa portare i benefici previsti.
La seconda osservazione riguarda i contenuti dell’art. 79, in tema di “Quadro esigenziale e documento di indirizzo alla progettazione”.
Fra i contenuti del Quadro esigenziale (comma 2, punto a) si fa riferimento, parlando degli “obiettivi generali da perseguire attraverso la realizzazione del progetto” al già citato art. 82. In qualche modo, quindi, i documenti vengono messi in correlazione con un altro documento strategico quale è il Capitolato Informativo. Sebbene il Capitolato Informativo debba, in realtà, essere redatto anche per l’affidamento di lavori o di attività di gestione delle opere, quello proposto dal legislatore si ritiene sia un positivo tentativo di sintesi fra strumenti regolatori diversi, ma che hanno delle evidenti parti in comune. D’altra parte, una sintesi effettiva potrebbe contribuire a semplificare il quadro, avvicinando la materia digitale a quella che le Stazioni Appaltanti sono già abituate a maneggiare.
E’ proprio questo, infatti, uno dei principali aspetti problematici dell’implementazione BIM nel contesto italiano. Spesso si ha l’impressione che, anche in quelle che in questo spazio transitorio riteniamo meritevoli del titolo di “commessa BIM”, l’aspetto della modellazione informativa e della digitalizzazione dei processi assuma i tratti di un discorso fra esperti e non quelli di uno strumento nodale al servizio degli stessi processi.
Tale preoccupazione è in parte confermata dai dati del report OICE sulle gare BIM 2019 per opere pubbliche (www.oice.it). L’evidente crescita del numero di bandi BIM dal 2015 ad oggi è accompagnata dal dato secondo cui solo il 23% dei 487 bandi BIM rilevati nel 2019 prevedesse un Capitolato Informativo, evidenza che getta più di qualche ombra sulla consapevolezza dell’ente banditore all’atto della richiesta.
Da sottolineare, sul fronte della coerenza con la prassi che si sta progressivamente affermando ed i contenuti della norma UNI 11337, l’introduzione dell’offerta di gestione informativa (art. 82, c. 6).
Nel DM 560 si parlava solamente di piano di gestione informativa, non chiarendo del tutto se tale documento dovesse essere redatto in fase di gara o successivamente, o in entrambi i momenti. Il nuovo regolamento, invece, specifica chiaramente che:
“In fase di gara il candidato redige l’offerta di gestione informativa di cui all’ In fase di sottoscrizione del contratto l’aggiudicatario, sulla base dell’offerta di gestione informativa, elabora il piano di gestione informativa […]”.
Pur rimanendo il fatto che il legislatore non faccia diretto riferimento alla norma UNI 11337 (dai più giudicata una mancanza), la terminologia utilizzata è ancora esattamente la stessa. Tale scelta rafforza il legame diretto, seppur implicito, fra lo strumento di normazione cogente e quello di normazione tecnica, che inevitabilmente diventa il primo riferimento per implementare i contenuti del regolamento normativo.
Infine, è centrale anche la questione, ancora non affrontata, dei livelli di progettazione e della loro compatibilità con un approccio improntato al BIM. Paradigmatica, in questo senso, è l’assenza nel corpus normativo italiano del livello di progettazione costruttiva, che invece tipicamente costituisce un passaggio chiave – e non poco dibattuto – nell’evoluzione dei modelli informativi.
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