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Un appalto privato gestito all’interno di un’azienda o di un sito produttivo è un momento tanto delicato, per l’impresa, quanto talvolta sottovalutato e, per certi versi, sconosciuto.
Proviamo a mettere qualche paletto, per provare a fornire al management aziendale qualche punto di riferimento cui rifarsi nell’approcciare agli acquisti.
A costo di risultare noiosi, non si può non partire dal concetto stesso di appalto. Ce lo fornisce il codice civile e, a ben leggere, è chiarissimo:
“L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”
[art. 1655]
Quindi, l’appaltatore si assume il rischio economico dell’operazione/affare/costruzione (organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio).
Ne deriva che l’appaltatore deve essere un imprenditore. Se è così, il pendolo del rischio oscilla verso di lui; in caso contrario, sta dalla parte dell’impresa che appalta.
Sotto altro profilo, “assunzione del rischio” significa “autonomia”: non si può dire che un rischio è in capo a qualcuno se questi non ha l’autonomia per gestirlo. Per rischio intendiamo quello di non avere utili nell’appalto, di gestione dell’opera o i normali imprevisti nell’esecuzione o prestazione del servizio.
Un passo indietro e riprendiamo il filo del discorso.
Un committente che affida l’appalto e un appaltatore che, come detto sopra, deve essere un imprenditore, un soggetto che esercita l’attività in forma d’impresa.
Se l’appaltatore non esercita l’attività in forma d’impresa?
Non è un contratto di appalto ma un contratto d’opera, con le conseguenze che vedremo più avanti. Inoltre, il contratto d’appalto, per essere tale, deve prevedere “un corrispettivo in denaro”.
Saltando a piè pari considerazioni meramente giuridiche sull’oggetto del contratto o sulla sua forma (generalmente, libera), abbiamo introdotto sopra una distinzione tra appalto e contratto d’opera.
Quest’ultimo è disciplinato da un altro articolo del codice civile, e viene così definito:
“Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV” [art. 2222]
L’elemento in comune è lo scopo, cioè la realizzazione di un’opera o la prestazione di un servizio.
Esistono invece degli importanti elementi distintivi:
Nel contratto d’opera, quindi, la prestazione è personale e, rispetto alla realizzazione dell’opera o alla prestazione del servizio, prevale il puro fare. Non è richiesta una organizzazione di mezzi né è prevista l’assunzione del rischio.
Altri contratti con elementi simili:
Un altro profilo meritevole di attenzione è dato dal continuo riferimento all’organizzazione dei mezzi e all’autonomia nell’appalto privato.
Quindi, ad esempio, appoggiarsi a un libero professionista o a una società di engineering non è la stessa cosa. Come pure appoggiarsi a un artigiano o a un’impresa più strutturata. Non giudichiamo nel merito, ma ci limitiamo a segnalarlo perché ve ne sia consapevolezza.
Sotto altro aspetto, i lavoratori dell’appaltatore non devono sostituire quelli del committente e non devono prendere ordini da soggetti diversi dall’appaltatore, anche se coordinati da un responsabile o da un funzionario del committente.
Questo è un passaggio delicato.
Se è vero che l’appalto privato può rappresentare un investimento rilevante per l’impresa committente, quindi l’attenzione e il coinvolgimento sono molto alti, bisogna essere molto attenti a non superare la linea tracciata dal Codice Civile perché significa assumersi responsabilità proprie dell’appaltatore ed esentarlo dalle stesse. E’ lui il responsabile, è lui ad essersi assunto il rischio. Intromettersi nella realizzazione dell’opera o del servizio fanno venire meno (in tutto o in parte) la sua autonomia e, di conseguenza, il suo rischio e responsabilità.
L’ingerenza del committente nell’esecuzione dell’appalto, inoltre, potrebbe far pensare all’esistenza di vincoli di subordinazione.
Questo vale soprattutto per gli appalti endoaziendali cioè quando i servizi sono prestati all’interno dell’azienda committente.
Questi possono riguardare tutte le attività, anche se strettamente correlate al ciclo produttivo del committente, “alla condizione che sia possibile individuare un’organizzazione e una gestione autonoma dell’appaltatore, con l’assunzione dei correlativi rischi economici”.
Quando al committente è messa a disposizione una prestazione meramente lavorativa, in cui cioè l’appaltatore si limita alla gestione amministrativa del lavoratore, senza reale organizzazione della prestazione, siamo invece in presenza di intermediazione di manodopera. Questa è vietata ed espone a gravi rischi il committente e il suo management.
La giurisprudenza ha ricavato alcuni indici rilevatori dell’intermediazione di manodopera:
Un altro tema rilevante è la responsabilità solidale del committente (www.cliclavoro.gov.it). Introduciamo brevemente il concetto, rimandando ad alcuni approfondimenti futuri:
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del DPR 600/1973 e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali [DL 25/2017]
E’ evidente che la scelta dell’appaltatore, al di là della qualità presunta dell’opera finale, rappresenta un’attività molto delicata per il committente perché è sempre esposto a un rischio, anche nel caso in cui chi è stato chiamato a realizzare l’appalto privato non adempia a obbligazioni nei confronti dei suoi dipendente e collaboratori, per non parlare degli enti assicurativi e previdenziali.
Anche per questo, è fondamentale che l’individuazione di un appaltatore non sia un’attività relegata ad una sola funzione aziendale ma avvenga a più mani con la partecipazione, ad esempio, degli acquisti, del legale e dell’ufficio tecnico o della produzione.
E’ importante definire con cura i criteri di scelta del fornitore, dotarsi di adeguati sistemi di verifica, ad esempio, della sua Idoneità Tecnico-Professionale, adottare una serie di cautele contrattuali (fideiussioni, accantonamenti, prove dei pagamenti) o organizzative.
L’ultimo decreto fiscale, con il tristemente celebre art. 4 della Legge 157/2019 “Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera” non va nient’altro che nella direzione della estrema responsabilizzazione dell’appaltatore, ma anche del committente, che di fatto è chiamato a sostituirsi nell’attività di controllo agli enti che sarebbero deputati a farlo.
In questa sede non giudichiamo se si tratta di una impostazione corretta o meno. Prendiamone atto e facciamo in modo che non crei danno alle imprese.
In ultimo, esistono responsabilità penali nella scelta del subappaltatore: parliamo principalmente di sicurezza dei lavoratori e tutela ambientale.
Il committente è responsabile qualora si verifichi in concreto che fosse da lui percepibile il rischio della inadeguatezza dell’organizzazione dell’appaltatore a eseguire l’oggetto del contratto.
E ancora, nella sua esecuzione, il committente deve vigilare l’andamento della prestazione ma non deve esercitare ingerenze; peggio ancora se lo fa direttamente nei confronti di dipendenti dell’appaltatore. Questo potrebbe far venire meno l’autonomia di quest’ultimo, caricando di rischi (non remunerati) il committente stesso.
Abbiamo voluto indicare brevemente alcuni profili meritevoli di attenzione. I danni che si possono causare all’azienda con una cattiva procedura di acquisto sono notevoli ed esulano dalla mera qualità del prodotto o servizio.
Nessun uomo sceglie il male perché è il male;
lo scambia solo per la felicità, per il bene che cerca.
Come gestite il vostro appalto privato?
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ULTIMO AGGIORNAMENTO: 20 NOVEMBRE 2023